Numeri fiducia e Letta: Ultra Petita

Il pretestuoso aumento dell’IVA che legittimava (secondo i discutibili consiglieri di Berlusconi) l’uscita dalla compagine governativa e determinare la conseguente caduta del Governo, si è rivelato un micidiale boomerang per il PDL e per lo stesso Berlusconi che è uscito sconfitto sul piano politico e personale. La strategia messa in atto per il lancio della ritrovata Forza Italia, con velleitarie aspirazioni di travolgenti vittorie, come quelle di vent’anni fa, oltre che a rivelarsi non più proponibile sul piano delle prospettive, nell’immediatezza, ha determinato: la spaccatura del PDL e sopratutto, cosa molto più importante, la “spersonalizzazione” della politica.

Gli autori di questa “rivoluzione copernicana” sono stati politici di alto profilo e di ammirevole senso di responsabilità come: Quagliarello, Alfano, Cicchitto, Giovanardi, Formigoni e tanti altri dello stesso livello se non migliore, che per consolidare il nuovo scenario politico hanno minacciato la possibile formazione di gruppi autonomi nel PDL e la creazione di correnti all’interno della rinata Forza Italia.

Tutto quello che è successo, e che è stato frutto di deprecabile estemporaneità e di mancata programmazione, non concepibile in politica, perchè riduttivo di un minimo di logica costruttiva, rientra con prepotenza nell’ambito del “teatrino della politica”. La retromarcia di Berlusconi, dopo la sollevazione dei dissidenti, per salvare l’unità del partito, rimane una mera illusione perchè mancano gli estremi, anche i più labili, per un possibile ricomposizione. Non essendoci possibilità di recupero per i “traditori” (così li ha chiamati Bondi), la nuova Forza Italia nasce depauperata: oltre che dei soggetti di notevole spessore politico, anche della consistenza granitica che aveva il PDL e che si è sciolta come neve al sole nel momento in cui Berlusconi ha annunciato, con malcelato imbarazzo e con evidente e comprensibile commozione, la sua “capitolazione” con il voto di fiducia al governo Letta. Nel fare questo, che ha oscurato il suo prestigio personale e il carisma, si è guadagnato, quanto meno “l’onore delle armi”.

L’esito della sciagurata e quasi demenziale operazione del PDL, organizzata male, e gestita peggio, è stato quello di avere “blindato”, al di là delle più auspicabili aspettative, il Governo Letta. Il forcing-progress nei tentativi per legittimare l’esecutivo, l’unico possibile per le percentuali numeriche molto vicine dei tre gruppi parlamentari, ma con abissale distanza sul piano ideologico-politico, si è rilevato un fallimento di portata “storica”. Tutto quello che è accaduto, nei due rami parlamentari va inquadrato in un contesto di difficile interpretazione politica, ma facile sul piano teatrale e con spunti patetici. Gli inglesi direbbero: “much do about nothing” (tanta fatica per nulla). Il presidente della Confindustria Squinzi ha detto: perchè arrivare a tanto? Dateci un paese normale!

Al di là di queste, e di altre possibili considerazioni, c’è da chiedersi: i politici, con la sceneggiata cominciata in Senato e conclusa alla Camera sono convinti che operazioni come questa, mancanti di stile, dignità, senso della misura e di rispetto per gli elettori, possono recuperare gli astensionisti e la compromessa credibilità, per nausea, dei votanti? La risposta è semplice e lapidaria: no! In tutto questo “bailamme” tra i pochi politici che hanno dato prova di onestà intellettuale, politica e spiccato spirito di servizio in sintonia con l’esercizio di buona e nobile politica, si è particolarmente distinto: Enrico Letta.

Il 4 ottobre la giunta del Senato ha dato parere favorevole alla decadenza di Berlusconi e alla sua ineleggibilità. Sarà ora il Senato a dare parere favorevole o meno sulla decadenza. Per evitare la possibile reiterazione di sceneggiate inutili e dannose, il rispetto dovuto, comunque, all’interessato, vuole che si aspetti la decisione, nel merito, della Corte Costituzionale, sulla retroattività o meno della legge: Severino. Questo non per una logica attendista e dilatoria, ma per avere il “conforto” di un organo non politico e super partes.