Dagli inizi a Catania al successo con Tornatore, passando per il Bagaglino e il coraggio del coming out: l’attore racconta la sua vita 

Leo Gullotta, 78 anni, catanese, ripercorre con calma e ironia gli inizi della sua lunga carriera. Ultimo di sei figli, cresciuto in un quartiere popolare, racconta di una infanzia curiosa e semplice: “A mezzogiorno, quando suonava la campana, tutti si stringevano la mano e si abbracciavano”, ricorda. La scoperta del teatro fu casuale: una fila davanti al centro universitario teatrale catturò la sua attenzione e lo portò a leggere “Adelchi” di Manzoni, senza grandi pretese, fino a entrare a far parte del Teatro Stabile di Catania.

Dopo dieci anni allo Stabile, Gullotta si trasferì a Roma grazie all’incoraggiamento dell’amica Ave Ninchi. Con pochi mezzi e tanta determinazione, si fece notare nei locali di cabaret come il “Puff” e “La Chanson”, dove Nanni Loy e Nino Manfredi apprezzarono la sua capacità di recitare e la mobilità del volto. “Scoprii, in quegli anni, quanto potesse essere mobile la mia faccia”, racconta, sottolineando l’importanza della versatilità nel mestiere dell’attore.

Oltre alla presenza scenica, la voce di Gullotta è stata un vero punto di forza. Doppiatore di Woody Allen e Joe Pesci, spiega che “il doppiatore è un traduttore simultaneo che si adatta perfettamente ai fiati e alle intenzioni di chi hai davanti”. La voce gli ha permesso di muoversi con libertà tra teatro, cinema e televisione, senza rinunciare mai alla professionalità e all’impegno.

Tra i registi che hanno segnato la sua carriera, spicca Giuseppe Tornatore. Gullotta lo definisce “un regista perfetto che riesce a tirare fuori dal nulla la meraviglia che non ti aspetti”. La collaborazione con Tornatore ha portato l’attore catanese a interpretare ruoli intensi e a vivere esperienze cinematografiche uniche, rafforzando la stima reciproca non solo sul piano professionale ma anche umano.

Censura e libertà personale

La carriera di Gullotta non è stata esente da ostacoli. Racconta dell’episodio alla Rai, quando gli fu negato il ruolo di Don Pino Puglisi a causa della sua omosessualità: “Mi presentai l’indomani con un avvocato, ma alla fine persi la parte. Non ne feci un dramma”. La censura, aggiunge, è stata una costante, più velata nel passato ma sempre presente, insieme a una classe politica che talvolta ha trattato il palco del Bagaglino come una vetrina elettorale.

Leo Gullotta non ha mai nascosto la sua omosessualità, vivendo una storia stabile con Fabio Grossi da oltre quarant’anni. “L’amore, per durare, ha bisogno di rispetto, stima e serenità”, dice, sottolineando la naturalezza della propria scelta di vita. Il suo coming out negli anni Novanta suscitò scalpore, ma per lui non fu un dramma: “L’amore è la cosa più naturale del mondo”.

Leo Gullotta – fonte social – Sicilianews24.it

Incontri memorabili

Nel corso della sua carriera, Gullotta ha incontrato personalità come Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri e Giuseppe Fava. Racconta Sciascia come un uomo elegante e timido, Camilleri come giocoso e intelligente, e ricorda Fava con grande rispetto, partecipando ogni anno all’anniversario della sua morte: “Non ho mai visto un sindaco lì. E questo mi fa molta paura”, confessa.

Guardando indietro, Gullotta parla della sua carriera e della vita con gratitudine e curiosità: “Tra due anni compio ottant’anni. Il tempo si accorcia e mi fa rabbia perché amo la vita: comunque la metti, è sempre meravigliosa”. Sessant’anni di carriera, tra teatro, cinema e doppiaggio, raccontano la storia di un uomo coerente, curioso e mai domo, capace di trasformare ogni esperienza in una lezione di vita.

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