In Sicilia non si spengono solo le luci delle gallerie stradali: si spegne tutto, tranne i riflettori che proiettano i raggi luminosi sugli enormi sprechi, sulle iperboliche spese improduttive e sulla totale inefficienza. Sulle trite e ritrite motivazioni, note a tutti i livelli sociali, e che hanno creato il disastroso degrado nell’isola, senza risparmio di comparti; una apprezzabile operazione di chiarezza è stata fatta dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro,  con toni decisi ma pacati, nella intervista fattagli da Nino Sunseri, editorialista del Giornale di Sicilia, il 18 u.s..

Alla prima domanda sullo statuto speciale, di cui gode la Sicilia, sfiorandolo appena, senza lesione della sua importanza,  ha condannato la massa di sprechi e privilegi compiuti all’ombra dello stesso con un elenco di abusi infiniti e perpetuati. Esercitando il suo diritto a farlo, ha continuato nell’elencazione dei mali e dei guasti prodotti dall’autonomia con in testa: il costo di mantenimento di palazzo dei Normanni e dell’Assemblea Regionale, che è cinque volte più della Lombardia; la incapacità di spesa dei fondi Europei che su un totale di sei miliardi e mezzo di Euro ne ha utilizzati una minima parte; e la quantità sproporzionata di persone rispetto a tutte le altre regioni. Nella chiusura dell’intervista, Belpietro non risparmia gli enti locali e provinciali che, nel loro “piccolo”, operano e agiscono come la regione.

Ed allora, se questo è un modus operandi generalizzato nel contesto del settore pubblico,  c’è una responsabilità collettiva e una connivenza che portano ad una conclusione: la situazione creata e perpetuata negli enti pubblici, fa comodo a chi la usa e consuma per i propri interessi. Egoismo ed egocentrismo fanno da volano ad un meccanismo perverso che perpetua i disagi e le incertezze di chi, meno fortunato, è fuori dal circuito che garantisce situazioni di comodo e di floridezza economica.

Sin stanti bus rebus, è inutile piangersi addosso e lacerarsi le vesti. Sulla nostra isola il buio si farà sempre più fitto e sarà compromettente delle poche e restanti capacità di chi potrebbe rischiararlo.