Corruzione, Sicilia quarta in Italia per numero di indagati: 98 sotto inchiesta
Mazzette, bustarelle, appalti truccati, concorsi pilotati e scambi di favori: la corruzione in Italia continua a espandersi come un sistema radicato e capillare, capace di adattarsi ai contesti e insinuarsi in ogni settore pubblico. È il quadro che emerge dal rapporto diffuso da Libera in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione, basato sulle notizie di stampa raccolte tra il 1° gennaio e il 1° dicembre 2025. Un’istantanea preoccupante che mostra come il fenomeno stia crescendo senza freni, con numeri quasi raddoppiati rispetto all’anno precedente.
Inchieste raddoppiate: da 48 a 96 in un anno
Nel 2025 sono state censite 96 inchieste per corruzione, concussione, turbativa d’asta, voto di scambio politico-mafioso ed estorsione aggravata, contro le 48 dell’anno precedente. Un ritmo di circa otto nuove indagini al mese, condotte da 49 procure in 16 regioni.
Le persone coinvolte sono 1.028, quasi il doppio rispetto alle 588 dello scorso anno.
Dalla sanità ai rifiuti, dagli appalti pubblici ai concorsi universitari, dalle licenze edilizie ai servizi scolastici: la corruzione segue percorsi molteplici. Non mancano episodi di voto di scambio con la presenza di clan mafiosi e casi che ricordano i metodi del cosiddetto “regime cuffariano”, con summit per le nomine e liste di persone da favorire.
Sicilia terza per numero di inchieste, quarta per indagati
La Sicilia registra 11 inchieste, piazzandosi dietro Campania (18) e Lazio (12).
Se si guarda al numero complessivo degli indagati, l’Isola è quarta con 98 persone sotto inchiesta, preceduta da Campania (219), Calabria (141) e Puglia (110).
Politici nel mirino: 53 indagati, 24 sono sindaci
Tra i 1.028 indagati figurano 53 politici, pari al 5,5% del totale.
Di questi: 24 sono sindaci, ovvero quasi la metà del totale politico-amministrativo coinvolto. Campania e Puglia guidano la classifica con 13 politici indagati ciascuna. Seguono Sicilia (8) e Lombardia (6).
Il rapporto sottolinea come la responsabilità del “governo delle regole del gioco” sia spesso in mano a figure diverse: dall’alto dirigente al faccendiere influente, dal politico imprenditore al mafioso radicato nel territorio.
Un sistema che si autoalimenta: “Favorisce i peggiori e devasta i servizi”
Il commento di Libera è netto: la corruzione in Italia non è un’eccezione, ma un vero e proprio sistema normalizzato.
“La corruzione sembra diventare sempre più una componente ‘normale’ e accettabile della carriera politica e imprenditoriale. Una strategia vincente che favorisce i disonesti e produce una selezione dei peggiori”.
Un fenomeno che, continua l’associazione, danneggia invisibilmente la qualità dei servizi pubblici, alimenta la rassegnazione dei cittadini e rafforza l’idea che corruzione e mafie siano fenomeni invincibili.
“Non basta aspettare le inchieste: serve un nuovo patto sociale”
Francesca Rispoli, copresidente nazionale di Libera, evidenzia come la corruzione sia ormai dotata di “tecniche sofisticate”, che vanno dalle tangenti tradizionali a forme moderne di cattura dello Stato, con leggi scritte su misura per gruppi di potere.
“Non serve invocare pene più severe o attendere la prossima inchiesta. Occorre ricostruire un patto forte tra istituzioni e cittadini, rafforzare la prevenzione e alimentare una cultura della segnalazione e del monitoraggio civico”.
La corruzione non sarebbe dunque un destino inevitabile, ma il risultato di scelte precise, connivenze e omissioni.
Per Libera, è ancora possibile invertire la rotta, ma solo attraverso un investimento politico e culturale sui valori di integrità, trasparenza e giustizia sociale.
Un fenomeno che continua a mordere
Il rapporto di Libera lascia emergere un quadro inequivocabile: la corruzione in Italia è un sistema diffuso, che coinvolge politica, amministrazioni e settori strategici dello Stato. La Sicilia — con i suoi 98 indagati e una lunga storia di infiltrazioni e scandali — resta uno degli epicentri più significativi.
E mentre nuove inchieste continuano a emergere, l’allarme lanciato da Libera invita a trasformare indignazione e rassegnazione in partecipazione e controllo, unico antidoto possibile a un meccanismo che, se non fermato, rischia di erodere progressivamente la qualità della democrazia.
Fonte: Adnkronos

