Finanziaria siciliana tra incertezze e tensioni: il nodo del voto segreto e l’appello alla responsabilità

La finanziaria regionale siciliana è entrata nel vivo, ma il percorso parlamentare si annuncia tutt’altro che lineare. Dopo due giorni di lavori e la trattazione dei primi tre articoli, per arrivare all’approvazione sono state necessarie lunghe interlocuzioni, complesse tessiture politiche e accordi trasversali. Nonostante ciò, sul prosieguo dell’esame della manovra continua a pesare una forte incertezza, non solo sui tempi ma anche sull’andamento complessivo dei lavori all’Assemblea regionale siciliana.

A rendere il clima ancora più fragile è soprattutto l’incognita del voto segreto, uno strumento che oggi all’Ars può essere richiesto praticamente su qualsiasi norma, purché vi sia l’appoggio di almeno il dieci per cento dei deputati, appena sette parlamentari. Una soglia estremamente bassa che, di fatto, consente di ricorrere al voto segreto con grande facilità, trasformandolo spesso da garanzia democratica a leva di pressione politica.

Il voto segreto come strumento di ricatto

In teoria, il voto segreto nasce per tutelare la libertà di coscienza dei parlamentari su temi eticamente sensibili, dove le convinzioni personali possono legittimamente prevalere sull’appartenenza politica. È il caso, per esempio, di norme che riguardano il fine vita, il suicidio assistito o il trapianto di organi da donatore vivente: ambiti in cui è giusto che ciascun deputato possa esprimersi senza il timore di ripercussioni politiche.

Nella pratica siciliana, però, il ricorso al voto segreto è diventato tutt’altro. Può essere chiesto su quasi tutto e viene spesso utilizzato come strumento di ricatto o di regolamento di conti interni, in particolare per mettere in evidenza le tensioni all’interno della maggioranza. Una dinamica che rallenta i lavori, crea incertezza e rischia di far pagare il prezzo delle schermaglie politiche all’intera Sicilia.

Non a caso, con l’avvicinarsi del nuovo anno, si parla sempre più insistentemente di una possibile revisione delle regole, con l’obiettivo di ridimensionare l’uso del voto segreto e avvicinarlo al modello del Senato della Repubblica, dove è limitato ai soli casi di coscienza. Fino ad allora, però, la norma resta in vigore e il suo utilizzo continua a pesare come una spada di Damocle sulla finanziaria.

Battaglie politiche sì, ma a viso aperto

Pur riconoscendo che l’opposizione utilizzi legittimamente gli strumenti a sua disposizione per evidenziare le difficoltà della maggioranza, da cittadini siciliani prima ancora che da osservatori politici, l’appello è a un uso responsabile e morigerato del voto segreto. Se le battaglie politiche devono essere combattute, che lo si faccia a viso aperto, assumendosi la piena responsabilità delle proprie scelte e del proprio voto.

Perché il costo degli scontri interni, dei giochi di palazzo e delle “tentazioni” politiche non può ricadere sulla Sicilia e sui siciliani. Non può gravare sulle categorie produttive che attendono norme fondamentali, né su settori già in difficoltà che confidano nella finanziaria per avere risposte concrete e tempestive.

In questo contesto, assume un valore emblematico l’attesa per l’articolo 7 della manovra, quello che riguarda i contributi all’editoria siciliana. Una norma che, dal punto di vista delle cifre, rappresenta una goccia nel mare della finanziaria: quattro milioni di euro complessivi, di cui tre destinati all’editoria d’informazione. Eppure, per il settore, si tratta di risorse fondamentali, in grado di dare respiro alle imprese editoriali, sostenere il lavoro giornalistico e garantire un’informazione più libera, professionale e di qualità.

L’editoria e il diritto all’informazione

Giocare a nascondino con il voto segreto su un articolo come questo sarebbe un pessimo servizio non solo al mondo dell’editoria, ma anche ai cittadini. Perché sostenere l’informazione significa tutelare il diritto a essere correttamente informati, rafforzare il dibattito pubblico e garantire agli stessi deputati uno spazio di confronto che vada oltre il rumore spesso tossico dei social network.

L’appello finale, dunque, è chiaro: serve responsabilità. Il voto segreto resti uno strumento eccezionale, da utilizzare solo quando è davvero necessario e inevitabile, non un’arma di pressione quotidiana. Le scelte politiche abbiano il coraggio della trasparenza, perché in gioco non ci sono solo equilibri di maggioranza o di opposizione, ma il futuro di interi settori e, più in generale, il bene della Sicilia.

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