Volontariato, in Sicilia le associazioni non fanno rete

Scarsa sollecitazione pubblica e poca dimestichezza con i bilanci ma, dall’altro lato della medaglia, un uso intelligente del web che aiuta a mettere in rete le organizzazioni di volontariato. È una fotografia puntuale quella che viene fuori dalla ricerca “Volontari in Sicilia, un atlante ragionato”, presentata nei giorni scorsi all’Auditorium Rai di Palermo.

La ricerca – promossa dal Comitato di Gestione del Fondo Speciale per il Volontariato in Sicilia, con la collaborazione dei tre Centri di servizio siciliani – è stata pubblicata per la Giappichelli e fa l’analisi del mondo del volontariato in Sicilia, evidenziandone criticità ma anche valori come risorse. Dati e valori sono venuti fuori dalle 1.168 organizzazioni di volontariato censite, rispetto alle 2.000 unità presenti negli archivi dei CSV siciliani. Anno di riferimento della ricerca è stato il 2014.

Poca sollecitazione pubblica

Uno dei dati che è emerso dalla ricerca è la bassa propensione a utilizzare forme di “sollecitazione pubblica” del contributo dei cittadini (vedi 5 per mille). A queste forme di coinvolgimento pubblico aderisce il 53,8% delle organizzazioni rispondenti. Nello specifico è emerso: Alla leva fiscale del 5 per mille ricorrono il 47,9% delle organizzazioni di volontariato, mentre meno della metà sono quelle che praticano qualche attività di fund raising (21,6%). Per le 1.168 organizzazioni coinvolte, il 5 per mille ha garantito nel 2014, 1,4 milioni di euro.

Modello localistico e poca rete

La ricerca ha messo in luce anche come in Sicilia prevale il modello localistico, quando si parla di coinvolgimento: in provincia di Trapani (71%), Messina (72%), Agrigento (73%) e Siracusa (70%) e il partner più favorito è l’istituzione pubblica. Le organizzazioni fanno poca rete: solo in provincia di Catania ben 277 organizzazioni di volontariato hanno dichiarato di non avere nessuna relazione con altri soggetti interni ed esterni.

«Questo significa – spiega Antonino Anastasi dell’Università di Messina, anche lui autore della ricerca – che queste organizzazioni vivono e agiscono senza confrontarsi con i punti di vista e i modi di agire di altri soggetti che operano nel medesimo territorio. Questo è un punto critico del volontariato siciliano che merita attenzione da parte degli attori istituzionali che si occupano di promozione e sviluppo del settore».

L’aspetto economico

La metà delle organizzazioni di volontariato dichiara introiti inferiori a 5 mila euro, un quarto dichiara un volume di entrate fra i 5 e i 20 mila euro, un quarto un volume superiore a 20 mila euro. Solo 103 su 1.168 OdV, quindi l’8,8%, riesce a darsi una struttura operativa stabile, con lavoratori retribuiti.

Dall’analisi dei bilanci delle organizzazioni di volontariato è emerso un dato significativo: c’è una scarsa propensione delle organizzazioni di volontariato a un’adeguata tenuta della contabilità o, almeno, a fornire dati economici e finanziari riportati secondo opportuni schemi di rendicontazione. Questo è venuto fuori dal fatto che «nella maggioranza dei casi, pur disponendo di un proprio bilancio, non vengono indicate né le entrate o i proventi, né le uscite o gli oneri» spiega Giuseppe Campana, uno degli autori della ricerca.

Dati di valore

Le informazioni a disposizione delle organizzazioni sono considerate dagli autori della ricerca «un patrimonio conoscitivo prezioso che andrebbe valorizzato e messo in rete». Spesso, dicono ancora gli autori, «questo supplisce a una carenza informativa dei Comuni e degli locali stessi. «Dal focus di Enna – spiegano i ricercatori – è emerso che alcuni enti locali non sanno neanche quanti sono i disabili del loro territorio».