Traffico illecito di reperti archeologici: 45 misure cautelari e coinvolti due poliziotti
Una vasta e articolata rete criminale specializzata in scavi clandestini, falsificazione e traffico illecito di reperti archeologici è stata smantellata con l’operazione “Ghenos”, coordinata dalla Procura distrettuale di Catania e condotta dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Palermo. L’indagine, avviata nel 2021, ha portato alla luce un sistema ramificato e altamente organizzato, con contatti anche all’estero. Tra i 45 destinatari di misure cautelari figurano anche due appartenenti alle forze dell’ordine.
Un’indagine mastodontica: 79 indagati e 10 mila reperti sequestrati
Come spiegato dal procuratore distrettuale Francesco Curcio, l’inchiesta ha coinvolto complessivamente 79 indagati. Nel corso delle attività investigative sono stati sequestrati circa 10 mila reperti archeologici, molti dei quali ritenuti di straordinario valore storico e culturale. Il valore stimato dei beni recuperati si aggira intorno ai 17 milioni di euro, cifra che rappresenta, secondo gli inquirenti, soltanto una minima parte del giro d’affari generato dal traffico.
“Abbiamo intercettato solo una piccola porzione del business – ha dichiarato Curcio – il bilancio complessivo supera gli incassi annui di qualsiasi museo archeologico”.
La “zecca clandestina”: falsificazioni di reperti e monete
L’indagine ha portato alla scoperta di un vero e proprio laboratorio clandestino, definito dagli investigatori una “zecca clandestina”, dove venivano prodotti falsi reperti e coniate monete contraffatte. Qui si realizzavano anche documenti e certificazioni false, indispensabili per far sembrare lecita la provenienza dei manufatti e immetterli nel mercato internazionale dell’arte.
Altri reperti sono stati ritrovati in un garage a Paternò, uno dei punti che ha fatto scattare il filone dell’inchiesta.
Un arsenale di metal detector: 60 strumenti sequestrati
Durante le perquisizioni sono stati sequestrati circa 60 metal detector professionali, strumenti utilizzati dai tombaroli per individuare in modo sistematico e scientifico aree ricche di reperti.
“Un vero e proprio esercito di strumenti”, ha commentato il procuratore, sottolineando la natura estremamente organizzata delle operazioni di scavo clandestino.
La filiera del traffico internazionale
Le indagini hanno ricostruito l’intero percorso dei beni archeologici trafugati:
sottrazione dal territorio, in particolare nelle province di Catania e Siracusa;
passaggio attraverso mediatori e falsificatori;
vendita a rivenditori internazionali;
successiva battitura in case d’asta estere, con transazioni accertate tra Londra e Monaco di Baviera.
Il cuore del meccanismo era la “ripulitura” dei pezzi tramite documenti falsi, condizione che permetteva ai reperti di entrare nei canali ufficiali del mercato dell’arte. “Chi acquista in un’asta lo fa apparentemente in buona fede – ha spiegato Curcio – ma il vero nodo è chi riesce a far passare pezzi trafugati attraverso canali di prestigio”.
Arresti in flagranza: monete antiche nel borsellino e scavi clandestini
Sono sei gli arresti in flagranza effettuati durante l’inchiesta. In un caso, un uomo è stato fermato in aeroporto mentre tentava di imbarcarsi con 15 monete antiche nascoste nello stesso borsellino delle monete comuni. In altri episodi, i carabinieri hanno sorpreso i tombaroli direttamente all’opera, all’interno di siti archeologici.
Coinvolti due poliziotti: nessun abuso del ruolo istituzionale
Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche due agenti delle forze dell’ordine. La Procura ha chiarito che, in base a quanto emerso, non risulta che abbiano utilizzato la loro posizione istituzionale per agevolare il traffico illecito.
Un dato rilevante emerso dall’inchiesta riguarda l’assenza di collegamenti con la mafia siciliana: il sistema criminale, pur strutturato, agiva senza legami con organizzazioni mafiose.
Un duro colpo al traffico archeologico illecito
L’operazione “Ghenos” rappresenta uno dei più significativi interventi degli ultimi anni contro il traffico illecito di beni culturali in Sicilia. Con 45 misure cautelari, migliaia di reperti sequestrati e la scoperta di un apparato tecnologico e logistico sofisticato, l’indagine ha svelato l’esistenza di una vera e propria industria del saccheggio archeologico, capace di generare profitti milionari e di alimentare un mercato parallelo internazionale.
