Torture nel carcere di Trapani: 25 agenti penitenziari sotto accusa, 46 indagati in totale


Venticinque agenti di polizia penitenziaria sono stati raggiunti da provvedimenti giudiziari per presunti episodi di tortura, abuso d’autorità e falso ideologico presso il carcere “Pietro Cerulli” di Trapani. Le misure cautelari, eseguite nella serata di ieri, includono undici arresti domiciliari e quattordici sospensioni dal pubblico ufficio. Complessivamente, sono 46 gli indagati nell’ambito dell’inchiesta avviata nel 2021.

Le indagini hanno portato alla luce una serie di episodi raccapriccianti, avvenuti principalmente nel “reparto blu”, oggi chiuso per carenze igienico-sanitarie. Questo reparto era utilizzato per isolare detenuti con problematiche psichiatriche o psicologiche, che sarebbero stati oggetto di sistematiche violenze fisiche e psicologiche. Secondo il procuratore di Trapani, Gabriele Paci, le violenze non erano sporadiche, ma si configuravano come un metodo per garantire l’ordine. “A volte i detenuti venivano fatti spogliare, investiti da lanci d’acqua mista a urina e sottoposti a violenze di gruppo, gratuite e inconcepibili”, ha dichiarato Paci durante una conferenza stampa.

Una spirale di degrado e abusi

Le indagini hanno rilevato almeno venti episodi documentati. La mancanza di telecamere nel reparto ha contribuito al protrarsi degli abusi, descritti dal procuratore come un “girone dantesco” che ricorda le pagine più cupe dei Miserabili di Victor Hugo. Il nucleo investigativo della Polizia penitenziaria di Palermo, coordinato dal nucleo centrale, ha raccolto le prove installando telecamere che hanno registrato le violenze.

Il procuratore ha sottolineato lo stato di degrado e lo stress operativo vissuto dagli agenti, chiarendo però che nulla può giustificare le azioni contestate. “Le misure adottate sono un passo fondamentale per ripristinare la legalità all’interno del carcere”, ha dichiarato il magistrato Giancarlo Caruso, il quale ha qualificato alcune violenze come torture.

Il commento di Antigone: “Rompere il muro di omertà”

Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ha espresso soddisfazione per l’emersione dei fatti. “Il reato di tortura è fondamentale per perseguire i responsabili e sostenere le vittime di abusi. Le denunce dei detenuti hanno rotto il muro di omertà che in passato spesso proteggeva simili crimini”, ha affermato.

Gonnella ha anche lodato il lavoro delle professionalità interne all’amministrazione penitenziaria, evidenziando come l’indagine sia stata condotta dal nucleo investigativo della Polizia penitenziaria. “È essenziale fare piena chiarezza su quanto accaduto, garantendo giustizia e il rispetto dei diritti inalienabili delle persone detenute”, ha concluso.

Questo caso riaccende il dibattito sulle condizioni carcerarie in Italia, evidenziando la necessità di una vigilanza costante per garantire la dignità e i diritti di ogni individuo. (ansa)