#Tanomattinale 4 marzo 2002: Guerra in Ucraina: la notte di terrore alla centrale nucleare di Zaporizhzhia; Putin arrabbiato per le sanzioni non molla, anzi rilancia; le trattative fallimentari; l’accordo europeo per i rifugiati; la biondina di via Palestro

Amiche e amici del #Tanomattinale buon giorno.

Che non è buono ma che avrebbe potuto essere spaventoso, terrificante.

Guerra Russia-Ucraina, giorno 9. E’ la cronaca di una notte angosciosa quella appena trascorsa, con il rischio di un incidente nucleare nella più grande centrale d’Europa che avrebbe potuto essere “dieci volte peggio di Chernobyl”, secondo il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Per fortuna tutto sembra rientrato, ma questo incidente drammatico sfiorato ci dovrebbe fare comprendere definitivamente, qualora ci fossero ancora dubbi, a quali rischi il mondo va incontro con il perdurare di questa guerra.In sintesi, ricapitoliamo da varie fonti cosa è accaduto stanotte. Alle 0,56 Dmytro Orlov, sindaco della città di Energodar, annucia che la nucleare di Zaporizhzhia è in fiamme dopo un attacco russo. All’1,30 il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba twitta: “Le forze russe stanno “colpendo Zaporizhazhia, la maggiore centrale nucleare in Europa. Ci sono già fiamme. Se dovesse esplodere, sarebbe dieci volte peggio di Chernobyl. La Russia deve immediatamente cessare il fuoco, consentire ai pompieri”. Alle 2,25: L’Agenzia Internazionale per l’Energia Nucleare (AIEA) chiede l’immediata cessazione delle ostilità intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e avverte che si corre un “grave pericolo”. Alle 2,57 le autorità ucraine rassicurano: i vigili del fuoco hanno potuto raggiungere nucleare di Zaporizhzhia e il luogo dell’incendio. “Il direttore della centrale ha detto che è stata messa in sicurezza. Secondo i responsabili dell’impianto le fiamme hanno interessato una struttura per la formazione e un laboratorio”, annuncia il capo dell’amministrazione militare della regione Oleksandre Staroukh.

E poi ancora alle 3,03 il primo sospiro di sollievo: “Le autorità di controllo ucraine hanno informato l’Aiea che non è stato segnalato nessun cambiamento nei livelli di radiazioni nel sito della centrale di Zaporizhzhia”. Alle 6:20 l’incubo finisce: “l’incendio nella struttura di formazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, nella città di Energodar, è stato spento. Non ci sono vittime o feriti”, comunica il Servizio di emergenza statale su Facebook.In un video messaggio la reazione del presidente ucraino Zelensky: “Nessun paese diverso dalla Russia ha mai sparato contro le centrali nucleari.

Questa è la prima volta nella nostra storia. Nella storia dell’umanità. Lo stato terrorista ora ha fatto ricorso al terrore nucleare”. E stamattina, ci informa l’ANSA, non si è fatta attendere la reazione dei mercati: l’indice Hang Seng della Borsa di Hong Kong dopo le notizie dell’attacco della Russia in Ucraina con le fiamme divampate a Zaporizhzhia, la maggiore centrale nucleare del Paese e d’Europa, ha ceduto il 2,62%, a 21.879,13 punti. L’indice Composite di Shanghai cede nelle prime battute l’1,01%, a 3.445,92 punti, mentre quello di Shenzhen lo 0,60%, a quota 2.775,27.

Ma Putin non molla di un centimetro, anzi rilancia: vuole dare ai russi e al mondo l’impressione di non essere per nulla intimorito dalle micidiali sanzioni europee che stanno a quanto pare mettendo in difficoltà il suo Paese. “Stiamo raggiungendo gli obiettivi militari in Ucraina”, ha detto il presidente russo parlando ieri durante una riunione del Consiglio di sicurezza del Cremlino. “L’operazione speciale in Ucraina è condotta secondo i nostri programmi. Stiamo raggiungendo gli obiettivi e ottenendo successo. Tutto sta avvenendo secondo i piani e nel rigoroso rispetto del programma”. E ancora: “Nulla minaccia la sicurezza della Russia, i militari combattono in Ucraina. Russi e Ucraini sono un solo popolo, non ci fermeremo. Distruggeremo il nemico creato dall’Occidente”. La preoccupazione diffusa alla Casa Bianca, ci racconta l’ANSA riferendo quanto riportato dal New York Times, è che le sanzioni possano spingere il presidente russo addirittura ad ampliare il conflitto. Il timore è emerso ripetutamente anche alla luce del fatto che Putin tende a raddoppiare gli sforzi e la rabbia quando si sente messo in un angolo. E’ questa, in realtà, la sensazione che si ha in queste ore. Diverse, intanto, sono le interpretazioni delle due parti sul risultato del nuovo incontro, a parte l’accordo sui corridoi umanitari sostanzialmente fallimentare nonostante la incoraggiante stretta di mano iniziale. Riporto il sempre chiaro e puntuale resoconto del sito “Sicurezza Internazionale” dell’Osservatorio della LUISS: “La sera del 3 marzo si è concluso il secondo round di negoziati tra la delegazione russa e quella ucraina, svoltisi a Brest, nell’area di Belovezhskaya Pushcha, vicino al confine con la Polonia.

Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa TASS, le parti hanno raggiunto un accordo per la creazione di corridoi umanitari, con un possibile cessate il fuoco temporaneo. Lo ha reso noto il leader della delegazione di Mosca, l’aiutante presidenziale, Vladimir Medinsky. Quest’ultimo, dopo aver affermato che è stato compiuto del “progresso significativo”, ha aggiunto che le parti hanno discusso in dettaglio questioni umanitarie, militari e di un futuro accordo politico. “La questione principale che è stata risolta oggi è relativa al salvataggio di persone, di civili, che si sono trovate nella zona degli scontri. Pertanto, le parti – rappresentanti del Ministero della Difesa della Federazione Russa e del Ministero della Difesa dell’Ucraina – hanno concordato sulla [creazione] di corridoi umanitari per l’uscita della popolazione civile, [su] una possibile temporanea cessazione delle ostilità nel settore del corridoio umanitario per il periodo dell’uscita della popolazione”, ha sottolineato Medinsky.

Nuovi colloqui sono previsti la prossima settimana. Dall’altra parte, secondo quanto riportato da Ukrinform, l’Ucraina non sembrerebbe altrettanto soddisfatta dell’esito. Il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, ha affermato: “sfortunatamente, non abbiamo ottenuto i risultati che ci aspettavamo”. Allo stesso tempo, Podolyak ha sottolineato che l’aspetto umanitario è stato discusso in modo “sufficientemente dettagliato”. Riferendosi alla decisione ufficiale, il consigliere ucraino ha confermato che le parti hanno raggiunto un’intesa sulla istituzione congiunta di corridoi umanitari per l’evacuazione della popolazione civile, nonché per la consegna di medicinali e cibo ai luoghi dei combattimenti più aspri. Inoltre, è probabile che entri in vigore un regime di cessate il fuoco temporaneo nelle aree e nelle tempistiche di evacuazione. “Non ovunque, ma solo in quei luoghi dove ci saranno corridoi umanitari ci sarà probabilmente un cessate il fuoco”, ha detto Podolyak.

Per Kiev, l’obiettivo di questo secondo round era raggiungere un cessate il fuoco immediato”. Previsto un altro, anzi altri incontri nei prossimi giorni, mentre la guerra non si ferma e si attende lo sbarco russo a Odessa. A Bruxelles, intanto, o ministri dell’Interno dell’Ue hanno raggiunto a Bruxelles un “accordo storico: l’Ue accorderà una protezione temporanea a coloro che fuggono dalla guerra in Ucraina” ha detto il ministro francese Gérald Darmanin. L’accordo raggiunto “dà una risposta adatta alla situazione” in cui si trovano gli ucraini che fuggono dalla guerra, ha spiegato Darmanin in conferenza stampa a Bruxelles al termine del Consiglio. “Le persone con i requisiti godranno di uno statuto di protezione simile a quello dei rifugiati per un anno, rinnovabile. La decisione unanime riflette la solidarietà che dobbiamo dare al popolo ucraino, davanti a una guerra ingiustificabile”. E’ “la prima volta che la direttiva viene attivata”, ha spiegato la commissaria europea Ylva Johansson, anche se “esiste da oltre vent’anni”. A fronte di tale trionfalismo, mi viene di pensare a voce alta: perché non è stata attuata per i profughi dall’Africa e dal sud del mondo?

Chiudo con una importante notizia di cronaca. La Procura di Firenze, nell’ambito delle nuove indagini sugli attentati terroristico-eversivi del 1992-93, ha indagato una donna sospettata di essere coinvolta, in particolare, nella strage del 27 luglio 1993 in via Palestro a Milano, dove un’autobomba danneggiò il Padiglione di Arte Contemporanea e provocò cinque morti, l’agente di polizia locale Alessandro Ferrari, i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, e Driss Moussafir, un 44enne marocchino che dormiva su una panchina. Sarebbe per gli inquirenti la misteriosa “biondina” che sarebbe stata vista allontanarsi da testimoni, insieme a un altro giovane, quella sera da via Palestro.

Secondo i carabinieri del Ros di Firenze, coordinati dalla Dda fiorentina titolare dell’inchiesta sulle stragi di mafia, si tratterebbe di Rosa Belotti, una 57enne residente in provincia di Bergamo. L’abitazione della donna è stata perquisita dai militari, arrivati a lei grazie alla comparazione dell’identikit dell’epoca, noto come “identikit numero 14”, con alcune foto. Gli inquirenti ipotizzano sia coinvolta nell’esecuzione materiale dell’attentato di Milano: sarebbe lei l’autista, la bionda di circa trent’anni, slanciata e di bell’aspetto che due testimoni raccontarono di aver visto uscire dalla Fiat Uno grigia carica di esplosivo la sera del 27 luglio. Poco dopo la macchina saltò in aria trasformando via Palestro in un inferno di fuoco.

E’ tutto, buona giornata.