La Procura del capoluogo siciliano ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari – atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio – al presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno, sotto inchiesta per corruzione impropria e peculato d’uso. Con lui, altri sei indagati rischiano il processo: Marcella Cannariato (moglie di Tommaso Dragotto, patron di Sicily by car), Nuccio La Ferlita (manager catanese specializzato in eventi musicali), Alessandro Alessi (organizzatore di eventi per conto della Fondazione Dragotto), Marianna Amato, Sabrina De Capitani (portavoce di Galvagno) e Giuseppe Cinquemani, segretario particolare del presidente dell’Ars.
Al centro dell’inchiesta, la gestione dei fondi pubblici destinati all’organizzazione di eventi culturali e musicali. Secondo l’ipotesi accusatoria, i finanziamenti – elargiti con le Finanziarie tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 – sarebbero stati utilizzati per favorire associazioni amiche, che avrebbero poi «ricompensato» Galvagno e i suoi collaboratori con vantaggi personali o professionali.
Il tutto, secondo i magistrati, configurerebbe un utilizzo distorto di risorse pubbliche con finalità clientelari, accompagnato da episodi di peculato legati all’uso improprio dell’auto blu. La posizione del presidente Galvagno, tuttavia, è aggravata dal ruolo istituzionale ricoperto e dalla presunta regia delle operazioni.
Galvagno ha parlato pubblicamente dell’inchiesta in occasione della Cerimonia del Ventaglio a Palazzo dei Normanni, evento annuale della stampa parlamentare. Ai cronisti ha dichiarato: «Sono dispiaciuto per quello che sta accadendo, ma ritengo sia utile andare a vedere i dati della produzione legislativa siciliana per valutare lo stato di salute dell’Ars».
E ancora, difendendosi dalle accuse: «Se tornassi indietro, metterei una telecamera del Grande Fratello per far vedere tutto quello che è successo. Ho sempre agito in buona fede». Galvagno ha ribadito che le cosiddette “mance” erano legittime, aggiungendo che il sistema era condiviso da tutto il Parlamento regionale: «Quelle leggi sono state approvate da tutte le forze politiche. Se poi sulla Via di Damasco qualcuno dice il contrario…».
Il presidente dell’Ars ha anche rivendicato di aver tentato una regolamentazione più stringente per l’assegnazione dei contributi: “Ho cercato di far approvare una norma che dettasse regole precise, ma nessuna forza politica ha risposto al mio appello”. E ha concluso ricordando di aver fermato le assegnazioni dirette alle associazioni, privilegiando invece i contributi ai Comuni.
Nei prossimi giorni, Galvagno sarà sentito anche dai probiviri del partito, mentre la Procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Se le accuse venissero confermate, si aprirebbe uno dei casi politico-giudiziari più delicati dell’ultima legislatura siciliana, con al centro l’uso del denaro pubblico e i rapporti tra politica e mondo dell’intrattenimento.
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