Chiusa l’azienda n.1 in Sicilia: centinaia di famiglie rimaste senza un soldo | Cittadini disperati in lacrime

Si abbassano ancora alcune saracinesche in Sicilia in una crisi che sembra non finire mai. Che cosa è successo.
La crisi economica strangola l’Italia, aggravata dalla pandemia, e sta mietendo vittime tra le nostre aziende. Le imprese sono soffocate da catene di approvvigionamento spezzate e da un’inarrestabile escalation dei costi operativi. Questa è una vera e propria emorragia del tessuto produttivo nazionale.
Nel 2024, a fronte di 312.000 nuove iniziative, ben 270.000 attività hanno cessato di esistere. Questo “saldo positivo” è un’illusione: nasconde una fragilità endemica del mercato italiano, un ricambio che maschera la difficoltà di sopravvivere in un contesto così ostile. Non è dinamicità, è agonia costante.
Le previsioni per il futuro sono agghiaccianti: si stima che ben l’8,5% delle imprese sia a rischio chiusura entro il 2026. Questo dato segue un incremento del 33,3% delle chiusure nel biennio precedente, una tendenza allarmante che grida vendetta.
La situazione è resa ancora più drammatica dal crollo stimato dei ricavi per l’industria, in particolare per il manifatturiero. La congiuntura attuale non richiede “misure di sostegno”, ma un intervento deciso e urgente per scongiurare il collasso delle nostre imprese e difendere il futuro economico del Paese.
Chiudono le aziende, aumenta i disoccupati
La chiusura di un’azienda è un evento devastante con ripercussioni dirette sul mercato del lavoro, causando un immediato aumento della disoccupazione. I dipendenti si ritrovano senza impiego, ingrossando le file di chi cerca nuova occupazione e innescando un effetto domino sull’economia locale, compromettendo la spesa e minando la fiducia generale.
In Italia, il tasso di disoccupazione, pur con alcune fluttuazioni, è risalito al 6,5% a maggio, dopo aver toccato un minimo storico del 5,7% a novembre 2024. Questo dato, però, è influenzato da un’abbondanza di contratti a tempo determinato che, seppur mitigando il tasso, non offrono certezze né prospettive future ai lavoratori. Nonostante i numeri siano migliori rispetto ai picchi passati, le continue chiusure aziendali rappresentano una minaccia costante.

Si abbassano le saracinesche nel palermitano
La catena Grande Migliore ha annunciato la chiusura di due negozi e il licenziamento di 35 dipendenti a causa di un drastico calo del fatturato. Le chiusure riguardano i punti vendita di Viale Aiace a Palermo e Viale J.F. Kennedy a Partinico, con 8 lavoratori ciascuno. Ulteriori 19 esuberi provengono dal Polo Notarbartolo. La Gieco Srl, attuale gestore, attribuisce la crisi a fattori strutturali, la congiuntura di mercato e i disagi causati dai lavori della metropolitana.
Questa decisione è un duro colpo per i lavoratori, che avevano sperato in un rilancio dopo il precedente fallimento. I sindacati hanno criticato la scelta dell’azienda di procedere con i licenziamenti collettivi invece di esplorare alternative. Nonostante precedenti tentativi, come l’affitto di rami d’azienda e la cassa integrazione, la situazione finanziaria non è migliorata. I sindacati hanno chiesto un confronto e si preparano a difendere i diritti dei lavoratori.
