Catania e Palermo per la Sea Watch, presidi nelle piazze delle città

Catania e Palermo per la Sea Watch. “Fateli scendere subito!”. Un appello accorato, quasi un urlo quello di un centinaio di cittadini che ieri sera, 25 giugno, si sono ritrovati al presidio organizzato dalla Rete #Restiamoumani #Incontriamoci in piazza Duomo a Catania.

Anche a Palermo un presidio di solidarietà, ieri sera, sul sagrato della Cattedrale di un gruppo di cittadini per la nave Sea Watch.

Il blocco della nave a largo è causa del divieto di entrare in acque territoriali come prevede il Decreto sicurezza. Il presidio di Palermo è stato organizzato da Legambiente Sicilia, Mediterraneo Antirazzista, Forum Antirazzista, Laici Comboniani Palermo, Emmaus Palermo, Cobas Antirazzista, Cobas Scuola Palermo, Associazione Antimafie Rita Atria e Arci Sicilia.

“A Lampedusa – come sottolineano gli organizzatori del presidio di Palermo –  sotto la guida del parroco, don Carmelo La Magra: da diverse notti, infatti, gruppi di persone hanno scelto di dormire sul sagrato della chiesa in segno di protesta e insieme di condivisione della sofferenza di chi si trova a subire questa inaudita crudeltà.”

Per chiedere la fine del calvario per i 42 migranti a bordo della Sea Watch 3, stremati da 13 giorni in mare a largo di Lampedusa, con l’ostilità manifesta del governo italiano e del ministro Matteo Salvini in particolare. E un ricorso, quello alla Corte europea per i diritti dell”uomo, risoltosi in un nulla di fatto.

“Nonostante questa pessima notizia – afferma Renato Camarda a nome della Rete #Restiamoumani che raccoglie una ventina di associazioni che promuovono i valori dell’inclusione dell’antirazzismo – siamo qui a manifestare. Come catanesi abbiamo una responsabilita ulteriore, perché da qui sono partiti i peggiori attacchi alle ONG.

E dobbiamo continuare, seguendo l’esempio del parroco di Lampedusa che trascorre la notte all’esterno della chiesa, sul sagrato, finché non scenderanno i 42 migranti. A Palermo è stata organizzata una grande manifestazione in cattedrale. Noi chiederemo il permesso per stare nel sagrato del Duomo a Catanja”.

Catania e Palermo per la Sea Watch: presente anche la Rete Antirazzista catanese, e molti giovani stranieri

In piazza è presente anche la Rete Antirazzista catanese, e molti giovani stranieri, ospiti di Granello di Senape – Casa evangelica di accoglienza e della Cooperativa Prospettiva. Come Simplice Nguessan, giovane studente della Costa d’Avorio. “Sono venuto qui tre anni fa – afferma Simplice -, ho fatto la strada del mare anche io, so quanta paura ci sia. Ma soprattutto so che la Libia non è un posto sicuro, perché ci sono stato prima di arrivare in Italia. Ora dopo soli tre anni sono uno studente universitario e chiedo al governo: restiamo umani, facciamoli scendere”.

“Siamo qui – afferma al megafono Silvia Rapisarda pastora delle chiese Battista di via Capuana e Valdese di via Naumachia a Catania – per smantellare la propaganda che parla di clandestini. No: sono persone alle quali viene negato il diritto di chiedere protezione internazionale, naufraghi. Noi non abbiamo paura di chi viene da altri paesi, ma di chi dice di essere come noi e umilia la nostra coscienza”.

Alfonso Di Stefano della Rete Antirazzista Catanese ricorda come “in questi anni le ONG hanno salvato 10mila persone in mare, nonostante Salvini e una Unione Europea che si riscopre razzista. Cosa possiamo fare ora? Fare proseguiere questo presidio organizzato in poche ore, come lo scorso anno ci siamo ritrovati in in presidio spontaneo al porto quando i migranti erano bloccati a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera”.

Gravi violazioni delle norme internazionali

Brunilde Zisa, coordinatrice di Emergency a Catania, ricorda che “la chiusura dei porti non sta servendo proprio a nulla, i trafficanti hanno già trovato altre modalità. Mentre le ONG nonostante la criminalizzazione che ne fa Salvini salvano gli esseri umani assicurando loro benessere fisico e psichico”.

Tra gli interventi, quello dell’avvocato Nello Papandrea che ricorda, in merito alla decisione della Corte europea, come “ci sono già state decisioni simili. La Corte evidentemente non ha ritenuto che ci fosse una grave emergenza. Ma permangono delle gravi violazioni delle norme internazionali, questo non cambia le responsabilità governative gravi. Speriamo che per queste persone bloccate e stremate da 13 giorni ci sia una ridefinizione di questa decisione e si arrivi a uno sbarco rapido”.