Fra i superstiti 23 donne e 10 minorenni. I migranti soccorsi da un peschereccio tunisino: «Cinque o sei dispersi»
Un’altra tragedia nel Mediterraneo. Il corpo senza vita di una donna è stato sbarcato nelle scorse ore al molo Favarolo di Lampedusa. La giovane, una trentenne la cui identità non è stata ancora resa nota, è annegata durante la notte in un naufragio avvenuto a circa 45 miglia dalla maggiore delle isole Pelagie, in area di competenza Sar (Search and Rescue) tunisina-maltese.
Secondo quanto riferito dai sopravvissuti, sarebbero almeno cinque, forse sei, le persone ancora disperse. L’allarme è scattato alle 2 di notte, quando l’equipaggio di un peschereccio tunisino ha segnalato alla sala operativa della Capitaneria di porto la presenza di un barcone in procinto di affondare. L’imbarcazione, in metallo e lunga circa 12 metri, era salpata poche ore prima da La Louza, in Tunisia.
I pescatori tunisini sono riusciti a trarre in salvo 87 migranti, tra cui 23 donne e 10 minorenni, originari di Camerun, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea Konakry, Mali, Senegal e Sudan. I superstiti hanno raccontato di aver pagato tra i mille e i duemila dinari per il viaggio verso l’Europa.
Il cadavere della donna, recuperato sempre dai pescatori, è stato trasferito nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana. I sopravvissuti sono stati condotti sull’isola da una motovedetta della Guardia costiera italiana.
Tutti i migranti sono stati trasferiti all’hotspot di contrada Imbriacola, dove sono in corso le operazioni di identificazione. La polizia e la Croce Rossa Italiana, che gestisce l’assistenza nell’hotspot, stanno raccogliendo le testimonianze dei naufraghi per tentare di ricostruire con maggiore precisione le dinamiche del naufragio e accertare il numero esatto delle persone disperse o morte.
Il dramma avvenuto la scorsa notte rappresenta l’ennesimo episodio di una lunga scia di sofferenze e morti nel Mediterraneo centrale. Ancora una volta, a fare la differenza tra la vita e la morte sono stati i soccorsi tempestivi di una nave civile, quella dei pescatori tunisini, in un’area di mare spesso teatro di tragedie invisibili.
Le organizzazioni umanitarie rilanciano l’appello affinché si rafforni il sistema europeo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, affinché nessun’altra vita venga persa in mare per inseguire la speranza di un futuro migliore. Ma intanto, Lampedusa piange l’ennesima vittima silenziosa di un viaggio che, per molti, si trasforma in un incubo senza ritorno.
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