La serrata è stata confermata e nessuna mediazione è riuscita. Nonostante i tentativi della Regione di smorzare la tensione, lo sciopero dei laboratori e degli ambulatori privati convenzionati, proclamato per mercoledì 26 novembre, è confermato. Prevista anche una manifestazione davanti a Palazzo d’Orleans.
A ribadirlo è il Cimest, l’intersindacale di categoria, attraverso una nota particolarmente dura indirizzata all’assessore alla Salute Daniela Faraoni.
L’assessore Faraoni aveva incontrato alcune associazioni di categoria per affrontare criticità come il piano di rientro delle liste d’attesa e l’aggregato di spesa. Un confronto definito «utile» dall’assessore, ma giudicato ben diversamente dal coordinatore del Cimest, Salvatore Gibiino. Secondo il sindacato, alla riunione si sono presentate solo tre sigle su 17, poiché la convocazione — arrivata appena 48 ore prima — era stata ritenuta inopportuna a pochi giorni dalla protesta già programmata.
Il presidente del Cimest, Salvatore Calvaruso, va oltre: ricorda come l’assessore avrebbe definito i convenzionati «faccendieri» e accusato le strutture di fare «manfrine» per ottenere budget tardivi.
Il sindacato sostiene che, nonostante tali dichiarazioni, l’Assessorato non avrebbe avviato una reale concertazione né prodotto atti concreti su LEA, liste d’attesa, rete ospedaliera o percorso di uscita dal piano di rientro. Da qui la decisione di chiedere al presidente Schifani le dimissioni dell’assessore.
L’assessore respinge le accuse, affermando di non aver “mai ignorato” le istanze della categoria e di aver sempre dato riscontro alle richieste pervenute. Le sigle maggiormente rappresentative della specialistica ambulatoriale territoriale denunciano violazioni sistematiche delle norme che regolano spesa sanitaria, contrattualistica, programmazione dei budget e garanzia dei livelli essenziali di assistenza.
Secondo le associazioni, la Regione violerebbe: Legge 311/2004, art. 1, commi 174–176: obblighi su equilibrio finanziario, copertura del disavanzo e attuazione del piano di rientro. Esito: non adempiuti.
D.Lgs 502/1992, art. 8 e successivi: integrazione pubblico–privato, remunerazione equa, contratti annuali tempestivi.
Violazioni evidenziate: contratti firmati a fine anno o l’anno dopo, budget incoerenti e tariffe sotto costo.
LR Sicilia 5/2009, art. 5: obbligo di assegnare i budget entro febbraio. Violazione sistematica: comunicazioni tra novembre e dicembre, in alcuni casi l’anno successivo. Norme su LEA e rete sanitaria non rispettate DPCM LEA 2017: violazioni su prevenzione, screening e tempi d’attesa. DM 70/2015: rete ospedaliera non adeguata e volumi chirurgici sotto standard. DM 77/2022: modello territoriale incompleto, Case di Comunità non attivate, ADI insufficiente.
Secondo le sigle: la mancata programmazione impedisce investimenti e assunzioni; tariffe ferme da oltre dieci anni portano molte strutture al rischio default; l’incertezza contrattuale causa danni patrimoniali e perdita di personale qualificato.
Le associazioni si chiedono come la Regione possa puntare all’uscita dal piano di rientro pur violando norme nazionali e regionali e senza destinare risorse adeguate alla rete pubblica e privata accreditata. Secondo loro, la sanità siciliana è bloccata non da vincoli romani, ma dall’incapacità gestionale regionale.
Durante i lavori congressuali, l’Assessore Faraoni ha convocato una riunione con soli tre giorni di preavviso, nonostante la richiesta di rinvio da parte delle principali sigle sindacali. La decisione di mantenere l’incontro, nonostante la coincidenza con l’evento, è stata giudicata “poco rispettosa del confronto sindacale” e indice di una gestione non trasparente.
Il Congresso SIOD ha ribadito la necessità di una mobilitazione compatta in vista dello sciopero regionale e della manifestazione di Palermo. Una protesta considerata decisiva per dare voce a un settore che denuncia da anni tariffe ferme, volumi insufficienti e difficoltà crescenti nel garantire cure dignitose ai cittadini.
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