L’Amatori Palermo in trasferta a Milazzo

Lo so, a volte sono un vigliacco e faccio finta di non ascoltare il mormorio silente e accorato delle formiche che attraversano la mia mano. Ma oggi la sensazione e’ diversa.

di Filippo La Torre

Palermo, 11 Mar. – Lo so, a volte sono un vigliacco e faccio finta di non ascoltare il mormorio silente e accorato delle formiche che attraversano la mia mano. Ma oggi la sensazione è diversa.

Il tempo diluisce tutto: la felicità e il dolore, l’entusiasmo e l’ignavia. Le stagioni della vita sono innumerevoli, mai le stesse, e ogni uomo ha le sue.

Io non mi ritengo particolarmente avanti negli anni, e spesso mi sento vecchio, ma quando all’improvviso vengo attratto da nuovi interessi, vorrei vivere per sempre. Mi assale la paura di non potere soddisfare la spasmodica e smodata fame di conoscenza che mi assale, e ritorno bambino.

Oggi, precisamente adesso, sta partendo la corriera. Attraverserà tanti posti meravigliosi: sì, perché la nostra Sicilia è bella, e la sua destinazione finale è Milazzo.

La corriera ha le ore e i minuti contati, oggi è sicuramente così, e così anche i suoi passeggeri. Sarebbe magnifico, entusiasmante, innovativo e meravigliosamente magico se oggi ci trasformassimo tutti in viandanti, bastone sulla spalla e truscia, e in mano un altro bastone che allevia le fatiche del lungo peregrinare.

Come gli antichi e umili frati porteremo una bisaccia a tracolla, dove custodire le sensazioni, i brividi e i fremiti, e il sole in fronte che nasce e le novelle ombre dietro le spalle. Perché la Sicilia è bella, se riesci a calpestarla.

E m’immagino un rettangolo di gioco infinito, tracciato su un lago ghiacciato, dove l’eco delle grida va via per non più ritornare per disperdersi tra i monti alla ricerca vana di lupi e alci.

Oggi, invece, saremo accolti da un campo cattivo e bramoso dei tuoi umori e invidioso della tua pelle, ché la sua è irta di silici e calcari. Mylae, proximum oppidum, ita erat munitum, ut incolas ferociores faceret. Liv. A voi, Amatori Palermo, pacifici cultori della palla ovale, il compito di espugnare, con la leggerezza che vi distingue, la fortezza eretta di fronte al mare.

«Eccoci dunque seduti all’ombra, guardando il mare e il promontorio di Milazzo, che a man sinistra sporge in fuori lontano nel mare, in forma di sprone. Come Messina ha la sua falce, così Milazzo ha il suo sprone o la sua lancia. In nessuna altro paese, come nella Sicilia, la costa si diletta di formazioni di rocce e di piccoli seni così strani, capricciosi e anche pittoreschi». (Carl August Schneegans, La Sicilia nella natura, nella storia, nella vita, 1890).