Delibera assembleare illecita: in quali casi?

Si parla di illiceità della deliberazione assembleare quando questa, “pur essendo stata adottata nell’ambito delle attribuzioni dell’assemblea, risulti avere un “contenuto illecito” (art. 1343 cod. civ.), nel senso che il decisum risulta contrario a “norme imperative”, all’”ordine pubblico” o al “buon costume”. Sono NULLE, innanzitutto, le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario alle norme imperative. Le norme imperative sono quelle norme non derogabili dalla volontà dei privati, poste a tutela degli interessi generali della collettività sociale o di interessi particolari che l’ordinamento reputa indisponibili, assicurandone comunque la tutela.

Nella disciplina del condominio degli edifici, le norme inderogabili sono specificamente individuate dagli artt. 1138, quarto comma, cod. civ. e 72 disp. att. cod. civ. Parimenti vanno ritenute nulle le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario all’ordine pubblico, inteso quale complesso dei principi generali dell’ordinamento (tale sarebbe, ad es., una deliberazione che introducesse discriminazioni di sesso o di razza tra i condomini nell’uso delle cose comuni); ovvero che abbiano un contenuto contrario al buon costume, inteso quest’ultimo come il complesso delle regole che costituiscono la morale della collettività sociale in un dato ambiente e in un determinato tempo.

In questi casi, la deliberazione assembleare, nonostante verta su una materia rientrante nelle attribuzioni dell’assemblea, si pone però in tale contrasto con i valori giuridici fondamentali dell’ordinamento da non poter trovare alcuna tutela giuridica, sicché la sua nullità può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (anche da parte del condomino che abbia votato a favore della sua approvazione). Al di fuori di tali ipotesi, deve ritenersi che ogni violazione di legge determina la MERA ANNULLABILITÀ della deliberazione, che può essere fatta valere solo nei modi e nei tempi di cui all’art. 1137 cod. civ.” (Cass. Sez. Unite Civ. Sent. n. 9839/2021).