La violenza e l’emarginazione dello Zen dietro la morte di Aldo Naro

Dopo un lungo interrogatorio un 17enne dello Zen, il quartiere periferico simbolo del degrado sociale di Palermo, ha confessato di avere sferrato il calcio fatale che ha ucciso il giovane medico Aldo Naro, durante una festa di Carnevale nella discoteca Goa.
Gli inquirenti sono così riusciti a ricostruire completamente il succedersi degli eventi immortalati dalle telecamere della sicurezza interna che, a causa del fumo e delle luci stroboscopiche, non avevano consentito di individuare i colpevoli dell’aggressione.
Tutto è nato da un cappello da cow boy che era stato preso ad un componente della comitiva di Aldo: autori di quello che sembrava uno scherzo innocente, un gruppo di ragazzi dello Zen che erano riusciti ad entrare nel locale alle tre di notte, nonostante la massiccia presenza di “buttafuori”. Sembra infatti che il 17enne fermato e i suoi amici conoscessero bene alcuni degli addetti alla sicurezza del locale, che quindi avrebbero “chiuso un occhio”, consentendo il loro ingresso.
Lo scherzo però si è fatto pesante, sono cominciati gli insulti, le spinte, le minacce, secondo un cliché consolidato delle piccole bande di periferia, che vedono gli abituali frequentatori della discoteca come privilegiati figli di papà, con soldi e auto più a meno di lusso, e sfogano le loro frustrazioni nella violenza.
Da alcune testimonianze raccolte fra i ragazzi, infatti, pare che il pestaggio organizzato sia una pratica abbastanza frequente dentro e fuori la discoteca: prima si cerca il pretesto per scatenare la rissa e poi si infierisce sul malcapitato di turno con calci e pugni. Parecchie volte le vittime sono finite all’ospedale con il volto tumefatto e traumi in tutto il corpo: ma fino ad ora il destino aveva evitato il peggio.
Il povero Aldo Naro è stato doppiamente sfortunato: secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’intervento dei buttafuori aveva posto fine allo scontro e il giovane medico era stato accompagnato verso l’uscita. Poi per motivi ancora da chiarire, il ragazzo è caduto (e gli inquirenti intendono accertare se la caduta sia stata accidentale o meno) e mentre era a terra, è arrivato il calcio alla tempia sferrato con violenza cieca e vigliacca.
La confessione del presunto omicida non chiude il caso: intanto gli inquirenti vogliono accertare se il ragazzo sia stato convinto dagli altri componenti del branco ad assumersi tutte le responsabilità, visto che come minorenne la sua eventuale condanna sarà ridotta.
Poi c’è da capire il ruolo dei buttafuori che vengono scelti spesso fra i giovani del quartiere, forse per assicurarsi una “pacifica convivenza” con i bulli della zona, con il risultato che ad essere messa a repentaglio è la sicurezza dei giovani che frequentano la discoteca.