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Allarme Confcommercio: in Sicilia chiuse oltre 2.200 aziende dell’abbigliamento

Dal 2022 al 2023 in Sicilia hanno chiuso i battenti 2.271 aziende del settore abbigliamento, con una perdita complessiva di 5.132 posti di lavoro. I dati, elaborati da Unioncamere, sono stati diffusi dalla presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio, durante la Festa dell’Unità in corso a Villa Filippina.

“Ogni saracinesca che chiude è un danno a tutto il tessuto cittadino – ha commentato Di Dio –. Temiamo che per il biennio in corso la situazione possa peggiorare. Gli imprenditori hanno fatto la loro parte, ma le infrastrutture siciliane, dalla mobilità alle reti elettriche, sono ancora troppo obsolete. Abbiamo risorse, anche dal Pnrr, ma non vediamo risultati. Vorremmo, anzi pretendiamo, delle risposte concrete”.

Il tema è stato affrontato durante il panel “Un nuovo sviluppo per Palermo e la Sicilia: lavoro, imprese, futuro sostenibile”, introdotto da Carmelo Greco (Pd). Tra i relatori: Giuseppe Glorioso (CNA Palermo), Vincenzo Fasone (Università Kore di Enna), Marcello Mangia (ceo Gruppo Mangia), Alessandro Albanese (Camera di Commercio Palermo-Enna) e Michele Catanzaro (capogruppo Pd all’Ars).

Albanese ha sottolineato la fragilità del tessuto industriale: “Abbiamo visto un +46% nella produzione industriale, ma legato a un’unica commessa Fincantieri. Questo significa che la produzione cittadina è di fatto azzerata. Ripartire solo dal turismo non basta: servono risposte concrete a chi vive a Palermo”.

Più ottimista la visione di Marcello Mangia: “La Sicilia è un bellissimo film ma con un trailer pessimo. Il problema è la promozione. I viaggiatori oggi cercano esperienze autentiche e la Sicilia è in grado di offrirle. Abbiamo registrato un +30% di fatturato e per il prossimo anno ci aspettiamo un ulteriore +40%. Il mio è un messaggio di fiducia”.

Il docente Vincenzo Fasone ha richiamato l’urgenza di puntare sulla formazione: “In Sicilia solo il 30% dei lavoratori è qualificato sull’intelligenza artificiale, contro il 36% della media nazionale. Serve un piano industriale regionale che coinvolga tutti i settori e definisca priorità chiare di sviluppo”.

Glorioso ha invece messo in evidenza il ruolo della CNA: “Da realtà residuale siamo diventati protagonisti di progetti di rilancio. Oggi il nostro fatturato sfiora i 700 milioni di euro, con oltre 8mila lavoratori tornati attivi dopo la crisi del Covid”.

Il dibattito ha quindi evidenziato un quadro a luci e ombre: tra crisi occupazionale e chiusure di aziende, ma anche nuove prospettive di crescita legate alla formazione, alla promozione del territorio e alla necessità di un piano strategico per il rilancio economico della Sicilia.

Redazione

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