Ultim’ora Ministero del Lavoro: addio ai giorni di malattia | Non ti pagano neanche se hai la lebbra: “Vai a lavorare”

Malattia
Malattia – sicilianews24.it

Questa novità potrebbe cambiare la vita di molti lavoratori.

I giorni di malattia rappresentano un diritto del lavoratore tutelato dalla legge. Quando un dipendente si ammala ed è impossibilitato a svolgere la propria attività lavorativa, ha l’obbligo di comunicarlo tempestivamente al datore di lavoro e al proprio medico curante. Quest’ultimo provvede all’emissione del certificato medico, che viene trasmesso in via telematica all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e, indirettamente, al datore di lavoro.

Durante il periodo di malattia, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto (cosiddetto “periodo di comporto”) e a un’indennità economica. Quest’ultima varia in base al contratto collettivo di riferimento e al tipo di lavoro. In generale, l’INPS copre una parte dell’indennità a partire dal quarto giorno di assenza, mentre i primi tre giorni possono essere a carico del datore di lavoro o scoperti, a seconda del contratto applicato.

Il lavoratore in malattia deve rispettare delle fasce orarie di reperibilità (solitamente 10:00-12:00 e 17:00-19:00, anche nei festivi) per eventuali controlli domiciliari da parte dell’INPS. L’assenza ingiustificata a tali visite può comportare la perdita dell’indennità e sanzioni disciplinari.

È importante sapere che i giorni di malattia non possono essere utilizzati liberamente come ferie. Ogni abuso o dichiarazione falsa rappresenta un illecito, perseguibile sia dal punto di vista civile che penale. Il sistema, pur garantendo tutele, prevede controlli rigorosi per assicurare che il diritto alla salute non venga sfruttato impropriamente.

Nessun risarcimento automatico per malattia da lavoro

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha chiarito che il datore di lavoro non è automaticamente responsabile per i danni alla salute subiti dai dipendenti. Nel caso di una dipendente comunale che chiedeva il risarcimento per una malattia professionale – una sofferenza discale sviluppata durante l’attività di educatrice – i giudici hanno stabilito che non può essere riconosciuto un indennizzo in assenza di una condotta colpevole o negligente del datore di lavoro.

La normativa di riferimento è l’art. 2087 del Codice Civile, che obbliga l’azienda ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale del lavoratore. Tuttavia, come ribadito dalla Cassazione, questo non significa che vi sia una responsabilità oggettiva: il datore risponde solo se viene dimostrato che ha ignorato consapevolmente o omesso di applicare le cautele richieste dalla scienza, dalla tecnica e dall’esperienza.

Dolore
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Il ruolo decisivo delle prove

La Corte ha infatti precisato che i rischi legati a certe mansioni – come lavori fisici intensi o in ambienti sfavorevoli – non sempre sono eliminabili. In tali casi, il danno alla salute può non essere imputabile al datore, a meno che non emergano comportamenti “specifici e anomali” che abbiano aggravato la situazione. Sta al lavoratore fornire prove concrete e dettagliate di tali condotte.

Questo orientamento giurisprudenziale ha un impatto diretto su molte categorie esposte, come operatori sanitari, magazzinieri o insegnanti. In assenza di elementi che dimostrino una responsabilità diretta del datore, il diritto al risarcimento non può essere riconosciuto. Ogni caso va valutato singolarmente, alla luce delle condizioni concrete di lavoro e delle misure effettivamente adottate per ridurre i rischi.