Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo la definisce «pericolosa e simpatizzante del fenomeno jihadistico”. Ecco il ritratto di Khadiga Shabbi, la ricercatrice universitaria libica condannata a un anno e otto mesi per istigazione a commettere reati in materia di terrorismo.
Ieri sono state depositate le motivazioni della sentenza. La libica, a cui è stata sospesa la pena, è stata scarcerata. Adesso è nel Cie di Ponte Galeria: per lei è stata chiesta l’espulsione dall’Italia, ma i suoi legali hanno fatto istanza di protezione internazionale, visto che nel suo Paese c’è la guerra civile.
L’accusa che pendeva sulla testa della donna era di legami con esponenti di organizzazioni terroristiche islamiche e foreign fighters e di un’attività di propaganda in favore di Al Qaeda svolta attraverso social come Facebook.
«Le condotte poste in essere dalla imputata – spiega – appaiono ugualmente orientate non solo a difendere i propri parenti rimasti in Libia, la propria terra e la propria fede, ma anche a giustificare la sopraffazione e la violenta imposizione che le organizzazioni terroristiche, che si fronteggiavano sul campo, intendevano comunque imporre, al di là del rispetto dei principi democratici».
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