Si apre il processo col messaggio subliminale di Trump a chi dovrà giudicarlo

di Stefano Vaccara
NEW YORK (ITALPRESS) – Lunedì mattina Downtown Manhattan, al primo processo penale della storia degli Stati Uniti contro un ex presidente per giunta ricandidato alla Casa Bianca, abbiamo notato un dettaglio diverso in Donald Trump. Potrebbe sembrare solo una curiosità, una nota di colore, ma ci è sembrato rivelasse un messaggio subliminale lanciato dal tycoon agli americani.
Trump infatti non è arrivato con addosso la sua tipica cravatta rossa, che coincide col colore con cui si identifica il Partito Repubblicano di cui ormai lui è l’assoluto padrone. Tra tutte quelle cravatte che avrebbe potuto scegliere dal suo guardaroba – Trump ha commercializzato cravatte col suo marchio per anni -, in questa importantissima e storica giornata, lui ha scelto di indossarne una blu, il colore di quel Partito democratico che secondo lui avrebbe orchestrato questo processo per frenare la sua “certa” vittoria alle elezioni del 5 novembre 2024.
Potrebbe essere la scelta della cravatta blu invece che rossa, un messaggio subliminale dell’ex presidente a quei dodici cittadini di Manhattan che dovranno giudicarlo, che lui sa che avranno votato il larga maggioranza nelle ultime elezioni presidenziali per il partito “blu”? (Nel 2020 Biden ha preso l’86% a Manhattan). Un messaggio da parte di un candidato repubblicano “per caso”, che almeno oggi voleva invece essere percepito come un newyorkese, uno di loro, ma che nella sfida politica per il potere è costretto a lottare contro l’establishment rappresentato da entrambi quei partiti…Chissà, solo Trump e i suoi consiglieri sapranno il vero significato del colore di quella cravatta, ma con quel blu al posto del rosso – mentre il suo avvocato seduto accanto sfoderava la cravatta rosso fuoco – è possibile che Trump volesse dare un segnale di “comprensione” almeno nei confronti di chi ha in mano la sorte dell’ex presidente (per condannare un imputato in un processo penale, tutti e 12 giurati devono essere d’accordo con il verdetto di colpevolezza).
I pubblici ministeri intanto oggi hanno presentato il caso davanti a quella giuria di 12 newyorkesi, accusando Trump di aver cospirato per coprire uno scandalo sessuale al fine di essere eletto presidente nel 2016.
Il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg che ha voluto questo processo, ha scelto il pm italoamericano Matthew Colangelo per presentare le dichiarazioni di apertura dell’accusa alla giuria. Colangelo ha subito affermato che il caso riguardava “un’associazione a delinquere e un insabbiamento” descrivendo Trump, il suo avvocato di lunga data Michael D. Cohen (ora testimone a favore dell’accusa), e l’editore di tabloid David Pecker (testimone in parte già sentito oggi) come tre alleati nella strategia di “catturare per uccidere” le storie negative sul candidato repubblicano che poi vincerà le elezioni del 2016.
L’avvocato difensore principale di Trump, Todd Blanche, nella sua dichiarazione di apertura alla giuria ha invece subito dichiarato che il suo cliente “è innocente. Il presidente Trump non ha commesso alcun crimine”.
Il caso della procura contro Trump è incentrato su un pagamento segreto di 130.000 dollari che Cohen ha effettuato a una porno star, Stormy Daniels, per comprarne il silenzio mentre la campagna per le presidenziali del 2016 stava arrivando al traguardo. I pubblici ministeri accusano Trump di aver rimborsato Cohen falsificando i documenti aziendali per nascondere la sua condotta e favorire la sua elezione.
Il pm Colangelo ha detto che il pagamento alla Daniels è stato fatto mentre avveniva un altro scandalo: la registrazione di “Access Hollywood”, in cui Trump si vantava di palpeggiare le donne perché a lui, ricco e famoso, tutto era permesso. Il resoconto della Daniels, ha detto, “avrebbe potuto essere devastante per la sua campagna”.
Per Colangelo, con il giorno delle elezioni ormai vicino, Donald Trump “ha ordinato a Cohen di procedere con il compenso”.
Dal canto suo l’avvocato Blanche ha attaccato la credibilità di Cohen, affermando che il suo reddito dipende dagli attacchi all’ex presidente e ha insistito sul fatto che i pubblici ministeri stanno tentando di presentare attività perfettamente legali, come la stipula di accordi di non divulgazione, come fosse un crimine. “Ho un avviso guastafeste: non c’è niente di sbagliato nel cercare di influenzare un’elezione”, ha detto Blanche che poi ha aggiunto: “Si chiama democrazia”.
Indirizzandosi verso la giuria, Blanche ha continuato: “Hanno messo qualcosa di sinistro in questa idea come se fosse un crimine. Imparerete che non lo è”.
Quando è stato chiamato a testimoniare l’editore del “National Enquirer” David Pecker – celebre giornale scandalistico fondato dall’italoamericano Gene Pope – l’accusa lo ha descritto come membro del complotto di tre uomini per nascondere il racconto che una porno star voleva rendere pubblico su un incontro sessuale avuto anni prima, ma che se fosse emerso a pochi mesi dal voto del 2016, poteva rovinare le chance di vittoria di Trump. Pecker è rimasto sul banco dei testimoni solo pochi minuti, poi il giudice Juan Merchan ha aggiornato il processo a domani. Pecker in quel poco tempo, ha confermato che The National Enquirer pagava per certe storie con una pratica chiamata “giornalismo del libretto degli assegni”. Martedì dovrebbe tornare e spiegare perché quelle su Trump non furono mai pubblicate.
Trump nel lasciare l’aula lunedì pomeriggio, non è rimasto in silenzio, ma in una lunga dichiarazione ai media ha sostenuto che i pagamenti effettuati all’ex avvocato Michael Cohen erano perfettamente legali. Ha anche affermato che è perfettamente normale che un’azienda imponga accordi di non divulgazione. Il suo tono non era di sfida, era quasi pacato, sommesso, diverso dal solito. Già come quella cravatta blu al posto di quella rossa.
-foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).