Palermo come non si era mai vista. Se la causa non fosse la catastrofe sanitaria che sta attraversando l’intero pianeta guarderemmo la città con stupore e meraviglia, in tutta la sua bellezza commovente e senza tempo.
Silenziosa, pulita, maestosa e restituita a se stessa, alla sua storia e alla sua arte che si manifesta in ogni angolo, vicolo, chiesa e palazzo del centro storico.
Non capiterà più, tutti noi ci auguriamo non capiti più di vederla così, svuotata dai palermitani, dai turisti per le strade, dai rumori dei mercati, dal vociare dei bambini e dal consueto traffico che ci snerva e ci opprime che ci impregna gli abiti e i capelli di smog, ma che in questo momento quasi ci manca.
L’ordinanza emanata a seguito del decreto ministeriale per contenere il contagio del COVID-19 in Italia obbliga tutta la popolazione a restare a casa il più possibile se non per inderogabili esigenze come fare la spesa o recarsi in farmacia.
Tutte le attività commerciali sono chiuse, fermi i trasporti tranne poche corse urbane, chi si sposta deve poter dimostrare la necessità di essere uscito di casa, pena un’ammenda o la reclusione fino a tre mesi.
Si può uscire per fare un po’ di sport all’aria aperta solo a condizione di non farlo in gruppo e non creare assembramenti.
Regole che ormai conosciamo a memoria e che hanno cambiato la nostra vita nel profondo confinandoci a una dimensione casalinga, anomala, e sconosciuta.
Ci ripetiamo di stare a casa e che tutto andrà bene, l’emergenza finirà più in fretta se tutti sapremo seguire le regole dettate per il contenimento del contagio, ma queste settimane ci cambieranno. Cambierà la nostra prospettiva nel guardare la gente che ora teniamo a distanza, cambierà anche il nostro modo di vivere la città, di riempire il nostro tempo.
Quando tutto sarà lontano come un brutto sogno da raccontare a chi non l’ha vissuto forse avremo anche il coraggio di rimpiangere le strade vuote della città di questi giorni, come quelle di un film apocalittico e il silenzio irreale che ci restituiva solo il rumore dei nostri passi.
Foto di Francesco Militello Mirto
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