Cronaca

Operazione Nibelunghi, sei arresti di mafia tra Valguarnera e Capizzi

Operazione Nibelunghi, sei arresti di mafia tra Valguarnera (Enna) e Capizzi (Messina) a conclusione di articolate attività investigative, coordinate dal Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta ed eseguite congiuntamente dai Finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caltanissetta e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna.

E’ stata data esecuzione a sei ordinanze di custodia cautelare (due in carcere e quattro agli arresti domiciliari) emesse dal Gip del Tribunale di Caltanissetta nei confronti di altrettanti soggetti, indagati, a vario titolo, dei delitti di concorso esterno in associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni di proprietà di soggetti appartenenti a Cosa Nostra.

Operazione Nibelunghi, l’elenco degli arrestati

La misura cautelare della custodia in carcere è stata emessa nei confronti di Gabriele Giacomo Stanzù, nato a Capizzi il 05.07.1960 – già detenuto per altra causa presso la casa Circondariale “Ucciardone” di Palermo; Nicola Antonino Stanzù, nato a Capizzi il 12.07.1977 (fratello di Gabriele Giacomo).

La misura cautelare della custodia agli arresti domiciliari è stata emessa nei confronti di: CONTI Carlotta Conti Mammamica, nata a Enna il 21.12.1976 (moglie di Nicola Antonino); Antonio Di Dio, nato a Nicosia il 15.08.1987; Carlo D’Angelo, nato a Valguarnera Caropepe il 16.02.1964; Nunzia Conti Mammamica, nata a Piazza Armerina il 15.05.1975 (sorella di Carlotta, moglie di Nicola Antonino) e coniuge di D’Angelo).

Operazione Nibelunghi, nel mirino i flussi patrimoniali

Le indagini sono state effettuate seguendo il flusso patrimoniale di Gabriele Giacomo Stanzù, “soggetto già emerso in pregresse indagini per fatti di mafia – spiegano gli investigatori – tanto da aver riportato condanna definitiva per il delitto di cui all’art 418 codice penale (assistenza agli associati mafiosi) nell’ambito dell’attività di indagine”, convenzionalmente denominata Dioniso, coordinata, negli anni 2004 2005, dalla DDA di Catania.  Lo stesso è stato tratto in arresto, da ultimo, il 30.11.2011 accusato dell’omicidio di Francesco Saffila e condannato in via definitiva alla pena di 14 anni di reclusione.

Le indagini, che sono scaturite dall’analisi delle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, avrebbero fatto emergere la contiguità di Gabriele Giacomo Stanzù “a Cosa Nostra, in particolare ad elementi di spicco della malavita gelese tra cui Daniele Emanuello (deceduto in un conflitto a fuoco in occasione della sua cattura nel 2007). In una seconda fase sono state monitorate le movimentazioni effettuate da Stanzù nei confronti di propri congiunti e conoscenti. Dalle indagini -continuano gli inquirenti – sono emerse operazioni finanziarie e patrimoniali mirate a schermare i beni e le aziende riconducibili all’indagato per scongiurare un’eventuale aggressione preventiva dei patrimoni”.

L’attività illecita secondo la ricostruzione investigativa avrebbe permesso alla famiglia Stanzù, attraverso dei “prestanome”, di continuare a beneficiare dell’incameramento di aiuti comunitari. L’individuazione di tali flussi anomali di capitali e di patrimonio, dalla disponibilità di Gabriele Stanzù a quella dei soggetti oggi tratti in arresto, ha permesso nel luglio 2017 ai finanzieri del Gico di Caltanissetta ed ai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Enna di sequestrare beni per un valore superiore a 11 milioni di euro, consistente in terreni, fabbricati, autovetture e diversi conti correnti postali e bancari.

“Le ulteriori attività investigative svolte, anche avvalendosi di attività tecniche – precisano dalla guardia di finanza – hanno corroborato la pericolosità sociale di Stanzù e la connivenza dei soggetti oggi tratti in arresto”. Tanto il fratello Nicola Antonio, quanto gli altri soggetti indagati, emerge dalla ricostruzione degli inquirenti, avrebbero continuato a gestire il patrimonio in nome e per conto dello stesso Gabriele Stanzù, attraverso trasferimenti fittizi di beni direttamente o indirettamente riconducibili a quest’ultimo.

Redazione

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