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Omicidio a Palermo, Paolo ucciso a 21 anni mentre tenta di sedare una rissa

Paolo Taormina

Una tragedia che si è consumata questa notte nel cuore della città, a due passi dal Teatro Massimo, nella zona della “champagneria”, simbolo della movida palermitana. Lì, tra i locali affollati di giovani e le strade illuminate dal sabato sera, Paolo Taormina, 21 anni, ha perso la vita cercando di difendere un altro ragazzo vittima di un pestaggio.

Secondo le prime ricostruzioni, Paolo si trovava nel locale dei suoi genitori, O’ Skruscio, quando ha notato un gruppo di giovani picchiare brutalmente un coetaneo, già a terra e inerme. Non ci ha pensato un attimo. È uscito e si è messo in mezzo, cercando di fermare l’aggressione. Un gesto istintivo, di coraggio e umanità. Un gesto che gli è costato la vita.

Sarebbe riuscito, almeno in un primo momento, a calmare gli animi, ma uno degli aggressori ha estratto una pistola e gli ha sparato a bruciapelo, colpendolo alla fronte. Un colpo mortale. A nulla sono valsi i tentativi dei soccorritori. Paolo è morto lì per la sola “colpa” di non essersi voltato dall’altra parte.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri, che hanno raccolto le testimonianze di chi era presente e stanno analizzando le immagini delle videocamere della zona. Le indagini proseguono senza sosta per individuare e assicurare alla giustizia l’assassino.

La zona della champagneria, tra via dell’Olivella e via Spinuzza, è da anni cuore pulsante della vita notturna palermitana. Ma è anche un luogo già segnato in passato da episodi di violenza e risse. Questa volta, però, la violenza ha raggiunto un punto di non ritorno.

Nelle parole della madre di Paolo si concentra tutto il dolore di una città intera: “Ma come si fa? Qual è la motivazione? Mi hanno distrutto la vita. Come si fa a sparare in testa a un ragazzo? Come faccio a vivere ora? Mi avete tolto la speranza.” Paolo, come Willy Monteiro Duarte a Colleferro, è morto da eroe silenzioso, per aver difeso un altro essere umano.

La lunga scia di sangue a Palermo

Nell’agosto 2024, proprio in via Spinuzza – la stessa strada dove Paolo è stato ucciso – due giovani furono fermati dai carabinieri a bordo di un ciclomotore. Addosso avevano una pistola Beretta con matricola abrasa, un caricatore con otto colpi e un proiettile calibro 38. Un segnale inquietante di come le armi, anche in pieno centro, continuino a circolare con troppa facilità.

Poco meno di due anni fa la città era stata sconvolta dalla morte di Rosolino “Lino” Celesia, 22 anni, ex promessa del calcio, ucciso con tre colpi di pistola al collo e al torace dopo una colluttazione in una discoteca. Per il suo assassinio è stato condannato in primo grado a 12 anni Matteo Orlando, che all’epoca era minorenne.
Celesia, per tutti “Lino”, era stato un talento precoce: cresciuto nella scuola calcio Ribolla di Totò Schillaci, aveva vestito la maglia del Trapani e poi del Torino. “Il mio sogno è diventare un calciatore professionista e debuttare in Serie A”, diceva da ragazzino. Un sogno spezzato troppo presto.

Il caso Celesia aveva già riportato alla memoria un altro delitto che Palermo non ha mai dimenticato: quello di Aldo Naro, 25 anni, figlio del generale dei carabinieri Rosario Naro, pestato a morte il 14 febbraio 2015 in una discoteca dello Zen, durante i festeggiamenti per la sua laurea in Medicina. Anche allora tutto era iniziato con una rissa.
Per quell’omicidio sono state condannate tre persone per partecipazione alla rissa e favoreggiamento. Dopo quattro processi, un quinto è ancora in corso.

Redazione

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