Mafia: condannati due imprenditori palermitani a Lucca

Il Tribunale di Lucca ha condannato due imprenditori siciliani che operavano da anni nel settore edile e immobiliare per violazione delle norme antimafia.
Sono Antonino Giordano, 55enne palermitano che ha avuto due anni e due mesi e il figlio Giovanni di 30 anni. la cui pena è stata più lieve (un anno e quattro mesi)
I giudici hanno anche disposto il sequestro dei beni per circa 6 milioni di euro: quattro ville, quattro villette a schiera, quattro box auto, due terreni, una Mercedes, scavatori, camion e conti correnti.
Secondo il collegio giudicante, che ha però accolto solo in parte le tesi dell’accusa, dimezzando le pene rispetto alle richieste del pm, i due imprenditori avrebbero effettuato un trasferimento fraudolento delle aziende omettendo di comunicare significative variazioni patrimoniali.
L’inchiesta della Guardia di finanza di Lucca era partita nel 2012. Le fiamme gialle avevano indagato sull’attività della «Giovanni Giordano» che almeno dal 2007 si muoveva con grande rilievo nel settore edile lucchese, costruendo numerose ville e villette. Ma Giovanni (che viveva in Sicilia) era solo il prestanome di suo padre che tirava le fila di tutto ciò che riguardava l’attività, con contatti diretti con i fornitori, con le maestranze, con i clienti, con gli enti pubblici. Un modo per aggirare le norme antimafia, dato che Antonino Giordano, trasferito da anni a Lucca, aveva alle spalle una condanna per associazione mafiosa, in quanto ritenuto legato a Angelo Bonanno, l’imprenditore ucciso nel 1999 e considerato reggente della famiglia di Misilmeri, nell’orbita del clan Spera, vicino a Provenzano.
Ma la difesa, rappresentata dall’avvocato Maurizio Campo, proporrà appello. “Abbiamo fornito spiegazioni dettagliate e molto chiare – sottolinea il legale – e francamente ci sfuggono le motivazioni della condanna. E’ paradossale che un imprenditore sia accusato di aver usato un prestanome, quando poi era lui stesso a condurre gli affari in prima persona. Siamo fiduciosi nell’Appello”.

Redazione

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