Palermo

Legge favole in pubblico: scambiata per guida turistica abusiva

“Le carte del tribunale, ed in specie l’atto di accusa, non sono accessibili né all’accusato né alla difesa, e quindi in generale non si sa contro quale accusa si deve indirizzare la prima istanza.” Lo scriveva Franz Kafka nel 1925. E, in effetti, quello che è successo a una giornalista palermitana potrebbe essere la perfetta trama di un romanzo kafkiano: viene condannata, senza aver commesso alcun crimine e inizia un giro di lunghe e intricate peregrinazioni tra i polverosi uffici delle procure,  degli avvocati e dei giudici: per Alessia Franco, giornalista e scrittrice, quella multa di mille euro era del tutto ingiusta e non aveva intenzione di pagarla.

Leggere favole non è reato

A differenza di quanto avviene nei romanzi di Kafka, però, ha prevalso la razionalità della giustizia, nonostante i lunghi tempi burocratici. Oggi il giudice ha stabilito che leggere favole in un sito di interesse storico non è reato.

La vicenda

Nel 2014, Alessia Franco era stata multata  dai vigili urbani di Palermo, per avere partecipato a una visita degli alunni della scuola elementare Tesauro di Ficarazzi alle Catacombe dei Cappuccini; in quell’occasione aveva parlato del suo libro di favole “Le catacombe del mistero”. La Franco sarebbe anche addetta stampa del sito di importante interesse culturale, ma le testimonianze delle maestre e le modalità dell’incontro alle Catacombe hanno indotto il giudice a sostenere che “mancano del tutto le caratteristiche peculiari dell’abuso della professione”. La giornalista, inoltre, non si è mai fregiata del titolo di guida turistica, e, cosa che rende del tutto insensata la condanna al pagamento di una multa di ben 1000 euro, non ha mai ricevuto alcun compenso per la propria esposizione.

Il diritto di narrazione

Ma cosa significa raccontare del proprio libro a una scolaresca, in un sito di interesse storico? Quello che, per circa tra anni, era stato considerato un atto illecito, in realtà è un diritto. Secondo quanto ha stabilito il giudice Rosina Graziano, infatti, si tratterebbe del “diritto di critica, di commento, di narrazione”. Ma, al di là dell’aspetto legale, c’è di più: a quel diritto, corrisponde la volontà di esercitare il diritto alla cultura  ed è il segnale di una città che rinasce  dalle proprie radici storiche.

Martina Sapone

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