Roma, 15 Gen. – Già lo scorso dicembre, la Corte Costituzionale aveva dichiarato che il Presidente della Repubblica non poteva essere intercettato e che i nastri in possesso dei magistrati della Procura di Palermo dovevano essere distrutti.
Oggi è stata depositata la sentenza n.1/2013 sul conflitto tra poteri dello Stato sorto tra Procura e Quirinale sulle intercettazioni, che ribadisce – di fatto – la posizione della Consulta.
La sentenza è stata scritta dai giudici relatori Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo e si compone di 49 pagine.
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La questione, sollevata da Giorgio Napolitano, era sorta per via di alcune intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta Stato-Mafia, che hanno registrato conversazioni del Presidente della Repubblica durante i controlli effettuati sulle utenze dell’ex ministro Nicola Mancino.
La Corte Costituzionele ha stabilito che “non spettava ai pm” né valutare la rilevanza della documentazione nè “omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271 (sulle intercettazioni vietate), terzo comma codice procedura penale e con modalità idonee ad assicurarne la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti”.
AGGIORNAMENTO – ”Leggeremo con attenzione le motivazioni della Consulta e ci adegueremo alle sue direttive”. Così il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi, ha commentato la sentenza della Corte Costituzionale, depositata oggi, sul conflitto tra poteri dello Stato sorto tra Procura di Palermo e Quirinale sul nodo intercettazioni.
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