Categories: Cronaca

Il lavoro e lo Stato italiano: lettera di una nostra lettrice

di Rosalia Provenzano (Altofonte)

Palermo, 4 Mar. – Dopo vent’anni di concorsi e avanti indietro dall’ufficio di collocamento – una lotta per ottenere un mio diritto, il lavoro, un reddito per vivere io e i miei figli (allora minorenni) – finalmente, nel 1994 sono in graduatoria all’ufficio di collocamento di Palermo (dopo aver presentato tutti i documenti che richiedevano) come ausiliario socio-sanitario.

Sono in lista all’ospedale Villa Sofia di Palermo. Quando vengo chiamata, presento i documenti per l’assunzione, visita medica ed esami: di lì a poco avrei preso servizio.

Passano giorni, un mese e non vengo chiamata. Vado ad informarmi. Mi rispondono che l’ufficio di collocamento aveva mandato una nuova lista nella quale il mio nome non compariva più.

Corro all’ufficio di collocamento per avere delle spiegazioni: mi sento dire che per l’assunzione mancava un documento (che io avevo presentato), insisto nel dire che l’avevo presentato.

Cconclusione: il direttore del collocamento mi fece buttare fuori dai carabinieri. Mi rivolsi al Tar, feci causa al collocamento. 

In breve, dopo lunghi anni, vinsi la causa a pieno titolo e – dato che nel 2000 entrò in vigore la legge che riconosceva a chi avesse avuto leso un interesse legittimo, equiparato al diritto soggettivo, che dovesse essere risarcito, ma soltanto una volta riconosciuto il reale interesse legittimo e, quindi, a causa conclusa – il mio avvocato presentò istanza e venni risarcita.

Dopo un paio d’anni, ricevetti la terribile notizia che dovevo restituire l’intera somma, in quanto una nuova sentenza stabiliva che la legge del 2000 sul risarcimento non fosse retroattiva, ma che la richiesta poteva comunque essere presentata entro cinque anni dall’inizio della causa: quindi, per quelle dal 1995 in poi, e la mia causa era iniziata nel 1995, ma l’istanza di richiesta di risarcimento era stata inoltrata al tribunale nel 2004, dunque non rientravo negli aventi diritto.

Peccato, che la causa si fosse protratta così a lungo per colpa delle lungaggini burocratiche dello Stato e io avessi fatto causa, l’avessi vinta e fossi già stata risarcita per riconosciuta ritardata giustizia.

In pratica, avrei potuto chiedere il risarcimento all’inizio della causa, ma l’interesse legittimo non mi era ancora stato riconosciuto, la causa era ancora in corso e ancora non esisteva la legge sul risarcimento dell’interesse legittimo, riconosciuto solo nel 2000, appunto.

Non avrei potuto richiedere il risarcimento nemmeno entro i cinque anni dall’inizio della causa, poiché non ancora conclusa e, dunque, non ancora riconosciuto l’interesse legittimo.

Prima ritengono che ne ho diritto e me lo concedono, poi lo vogliono restituito, ma il tribunale palermitano a che gioco sta giocando? Forse a rovinare le persone oneste come me? Non ci sto!

Inoltre, quei soldi io non li ho più: negli anni di disoccupazione avevo accumulato molti debiti.
Ho dovuto vendere la macchina per non farmela sequestrare, volevo fare un mutuo per acquistare una casetta, ma non posso farlo. Mi toglieranno la liquidazione, in quanto sono dipendente comunale: non posso chiedere ulteriori prestiti perché inserita nella lista nera dei cattivi pagatori e, col mio misero stipendio e altri prestiti già in corso, mi ritrovo con l’acqua alla gola e senza nessuna possibilità d’uscita, sommersa da bollette da pagare e dall’affitto.

Il mio avvocato, ritenendo che ciò che sta facendo lo Stato sia illegale, si è rivolto al tribunale europeo, ma i tempi sono molto lunghi. Pur essendo una cittadina onesta, che ha sempre pagato tutto, adesso potrei subire l’offesa e l’umiliazione di vedermi comparire dietro la porta i pubblici ufficiali con l’intenzione di pignoramento.

Redazione

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