Con la Sentenza n. 35385/2023 le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno enunciato il seguente principio: “Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, NEI CASI PECULIARI IN CUI IL MATRIMONIO SI RICOLLEGHI A UNA CONVIVENZA PREMATRIMONIALE DELLA COPPIA, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, LADDOVE EMERGA UNA RELAZIONE DI CONTINUITÀ TRA LA FASE «DI FATTO» DI QUELLA MEDESIMA UNIONE E LA FASE «GIURIDICA» DEL VINCOLO MATRIMONIALE, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio”.
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